Riflessioni di fine mandato
Quattro anni fa entravamo in Pro Loco. Martino Salvadori considerava esaurito il suo ciclo alla presidenza dell’associazione durato ben 3 mandati, nove anni in tutto, più tutti quelli prima da socio, da volontario. La parola d’ordine era rinnovare, quella a cui ci si riferiva era ringiovanire.
Non che si venisse da un direttivo “vecchio”, tutt’altro, ma l’atmosfera era di quelle che dopo averne provate tante e aver visto sia successi che fallimenti c’era bisogno di nuovi stimoli, nuove idee, una piccola rivoluzione insomma.
Ci fu una fase nella primavera del 2012 in cui si sondò il terreno, cercando tra i giovani del paese qualcuno che avesse il desiderio e l’entusiasmo per confrontarsi con una realtà di questo tipo, che vista da fuori assomigliava molto a quel sottobosco che nasceva e si sviluppava dentro le mura del Circolo e lì si esauriva, salvo alcune occasioni in cui sembrava uscire e confrontarsi con la popolazione, con tutti noi.
Fortunatamente noi nell’universo Circolo c’eravamo dentro tutti, anche se ognuno in una maniera del tutto personale, ma d’altronde il Circolo una cosa personale la è, e quindi è stato facile. Approcciandoci repentinamente dentro il mondo Pro Loco, si è subito capito che quella del Circolo era una percezione ristrettissima in confronto a tutto quello che l’associazione portava avanti dentro e fuori dal paese, e quindi subito si è avvertita la necessità di raccontare tutto questo al mondo in maniera più espansiva, meno timida, per far capire a tutti che si sbagliavano, che il Circolo era solo una minuscola parte della Pro Loco. Da lì è partita l’idea del nuovo sito internet, seguita a ruota dall’apertura dei canali social: fotografare, raccontare, far vedere Sagron Mis e la sua bellissima e vivissima associazione anche a chi ne è fuori e che magari vorrebbe essere lì. È diventata questa la priorità assoluta da perseguire, e siamo stati fortunati perché subito capiti, quando abbiamo iniziato a piazzare gente solo a far fotografie, girovagando tra un tavolo e l’altro alle feste, scorgendo angoli nascosti dei nostri villaggi e catturando in volto i volontari nei dietro le quinte.
Ma torniamo indietro, a quella primavera. Dopo essere stati avvicinati e in un certo senso “convinti” ad entrare nel progetto, sembrava si dovesse essere i soli a perseguirlo, e così ci trovammo in cinque, in una riunione tra di noi ovviamente al Circolo, a parlare e a discutere, per cercare di capire dove si era finiti e con l’obiettivo mai celato di entrare sì, ma anche di far sì che il buon Martino accompagnasse il ricambio con un ultimo mandato alla guida della Pro Loco.
Credo che in un certo senso la sua scelta sia stata coraggiosa, perché sono convinto che decidere di abbandonare il timone di una cosa che hai portato avanti talvolta da solo per nove anni, sospinto da continue pressioni a rimanere, non sia certo un qualcosa di facile. Non si può sapere come sarebbe andata se alla fine avesse ceduto, ma certo è che il ricambio magari all’inizio rallenta la macchina, ma alla lunga porta sempre innovazione e progresso. Tutti utili, nessuno indispensabile: altro fondamento da imparare a memoria al più presto.
Da quell’assemblea generale volevamo uscire con i voti, i voti veri, così da saperci poi regolare per l’eventuale presidenza, nel caso in cui Martino fosse stato rigido sul suo diniego. La regola che c’eravamo dati era semplice: tutti dentro sì, ma il nuovo presidente lo decidono i soci: chi prende più voti, si prende la carica. Qui in montagna siamo tendenzialmente gente umile, non c’era ambizione, e piuttosto c’era la paura che il ruolo si trasformasse in una “rogna”, o comunque di non esserne all’altezza. All’assemblea però, dopo aver preso tutti la parola ed esserci tutti candidati ad entrare nel nuovo consiglio direttivo, il presidente chiede quali dei consiglieri uscenti volessero rimanere “dentro”, e tranne due defezioni, il nuovo direttivo rispecchiava quello vecchio. Più noi cinque. L’idea era quella di un mandato di accompagnamento, che dal 2016 avrebbe cominciato con decisione a camminare sulle proprie gambe. Peccato solo che la tanto agognata votazione non ci fu all’assemblea, e quindi nemmeno il metro per misurare chi fosse più “desiderato” dai soci per quella carica.
La votazione però ci fu qualche tempo dopo, al primo consiglio direttivo, e dopo esserci impuntati su questo punto fu deciso per due voti a testa, tutti e nove i consiglieri. Chi avesse preso più voti sarebbe diventato presidente, e in caso di parità, ballottaggio. Ed eccomi qui. Non ricordo se per uno o due voti ma alla fine toccò a me, accettai pure di buon grado, con la condizione però di una gestione collegiale ben ripartita tra le cariche assegnate.
Non nego che, nonostante le tante rassicurazioni e probabilmente pure per mie mancanze, alla fine non fu esattamente così, ma se dopo quattro anni ho deciso di fare ancora parte di questo consiglio direttivo, significa che tanto male non è stato. O meglio, adesso con più consapevolezza e le idee più chiare, in teoria dovrebbe essere più semplice. Forse, o forse no.
Fatto sta che questo nuovo consiglio direttivo è molto diverso dal precedente, in quanto dai 9 di prima ne sono usciti ben 6, chi strada facendo chi solo alla fine, e tutti per motivi diversi e comprensibilissimi. Però ci si rimane male ugualmente, soprattutto quando all’assemblea che ne decreta la fine, dei 6 uscenti ne mancano la metà.
E se delle 5 (ex) new entry ne sono rimaste solamente 3 e gli altri tutti fuori, si capisce che qualcosa dev’essersi rotto durante il quadriennio. Esporre qui le riflessioni sui motivi che hanno portato ad una disgregazione così lacerante e silenziosa non ha molto senso, ma basti sapere che senza dubbio si sono perpetuate delle incomprensioni mai gestite e mai sanate. Peccato.
La bella notizia è invece che il nuovo direttivo avrà 4 volti nuovi tutti molto diversi tra loro, tutti con dei background diversi e probabilmente tutti con delle aspettative diverse. Non ho dubbi che mettere insieme questi aspetti e valorizzarli al meglio sarà una sfida appassionante ed entusiasmante per tutti e sette, ma non è di questo che avrei voluto parlare.
Ciò di cui vi avrei voluto parlare sono l’immensa gratitudine verso chi ha impiegato tanto di quel tempo (che chi non fa volontariato nemmeno immagina) a progettare, a organizzare, a telefonare, a litigare, a lavorare, a pulire, a sistemare, a monitorare, a condividere, a realizzare, a inventare, a valutare, a correre avanti e indietro, a fare spese, a festeggiare, a viaggiare, a frequentare il nostro Circolo, a chiacchierare, a proporre e a proporsi, a inventarsi scuse perché proprio quel giorno non poteva, a inveire contro il cielo per un temporale imprevisto, a spostare, aprire e chiudere panche e tavole, a cucinare, a spinare birre, a giocare a calcetto o a freccette. Tanto di quel tempo sottratto al lavoro, alla famiglia, agli affetti, ad altro volontariato magari. Avrei voluto parlarvi dell’orgoglio di portare avanti un progetto dentro al quale abita e crede tutto (o quasi) il paese, della gratitudine per il supporto mostrato e della rabbia per quello negato e talvolta ostacolato. Avrei voluto parlarvi delle decine di eventi realizzati in questi quattro anni, del Circolo finalmente tirato a nuovo, delle persone incontrate, di nuove amicizie e collaborazioni nate proprio in ambito Pro Loco.
Ma riassumere quattro anni in poche righe senza tirare in ballo le emozioni, i sentimenti, le suggestioni e i momenti non è facile, e rischierebbe di trasformarsi in uno sterile elenco di attività svolte. La realtà è che la Pro Loco non è affatto la somma delle attività fatte o non fatte, dei soldi spesi o incassati; la Pro Loco è un qualcosa che ha a che fare con la creatività, con l’impegno, con i sorrisi, con la soddisfazione, con la stanchezza, con l’orgoglio, con la fatica. Il non riuscire a farne un racconto didascalico è forse un valore aggiunto di una realtà tanto complessa quanto straordinaria.
Grazie a tutti per questi quattro anni.
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