Schèi (Parte 1)

Schèi, bòri, batòci, stòže, banane, grave, trémoi, botói, foiòle e chissà quante altre parole che metaforicamente si riferiscono ad un unico, terrenissimo, concetto: i soldi.

Inutile star qui a spiegare quanto la cultura popolare, in particolare quella rurale che qui si è stanziata diversi secoli fa, fosse legata al concetto del denaro, se non altro perché non ce n’era quasi mai, e si sa, in una realtà povera quei pochi soldi che ci sono importano eccome!

Ecco quindi che dalle mille metafore indicanti il denaro, a volte capita che il denaro stesso venga utilizzato in lingua per indicare qualcos’altro, in particolare come unità di misura, in cui en schèo è approssimazione del centimetro; ed ovviamente il riferimento non poteva non colpire le famiglie, a Sagron Mis troviamo infatti almeno due casati con evidenti riferimenti al tema: i schèi e i rich (così chiamati dopo aver accumulato fortuna in America ed aver fatto ritorno a casa).

Il denaro però nella cultura popolare, raramente viene accostato a un qualcosa di positivo, e la tendenza è senz’altro a stigmatizzare e ad inimicare tutto ciò che riguarda il denaro e la ricchezza (altrui). Questo è facilmente rintracciabile negli innumerevoli proverbi sul tema, dei quali inseriamo qui qualche esempio, da una parte quelli che considerano il denaro come bene prezioso di cui tenere ben conto:

  • Meti la roba inte en cantón, che vegnarà la so stagión vedi di accantonare quello che guadagni, che prima o poi ti servirà;
  • Fa come la formiga e tu vivarà senža fadìga fai come la formica e vivrai senza fatica;
  • Chi la sguàža la festa el stenta i dì che resta chi scialacqua nei giorni di festa, vivrà di stenti negli altri giorni;
  • Porta pì fora de casa la femena col gremàl che el òm col cavàl Sperpera più la moglie col grembiule che il marito col cavallo;
  • A guadagnàr se fa fadiga, ma a sparagnàr se ghen fa dòi A guadagnare si fatica, ma a risparmiare ancora di più;

dall’altra quelli che si pongono su di un altro livello sia rispetto alla ricchezza (vista con invidia e raccontata come ottenuta con mezzi illeciti, o sicuri che non durerà) sia rispetto alla povertà estrema (vista come una condizione che non ci riguarda, di chi è più miserabile):

  • La roba la va come che la vien la roba come viene se ne va;
  • La roba la vien da la robarìa, chi che no roba no ha mai nia la ricchezza si accumula rubando, chi non ruba non ha mai niente
  • Chi roba fa roba e chi laóra fa la gòba chi ruba si arricchisce mentre chi lavora si ingobbisce;
  • Roba robada no l’ha durada la roba rubata non dura;
  • Chi la torta mal guadagna, vien la gata e i se la magna chi si arricchisce illecitamente perderà ben presto i suoi guadagni;
  • El diàol el chèga sémper sul grum pi grant il diavolo fa sempre i suoi bisogni sul mucchio più grande – la fortuna aiuta sempre chi non ne ha bisogno;
  • Tuti i buta sul montón grant tutti vogliono dare denaro a chi ne ha già assai;
  • Co tu ha le scarsèle vóite tu stenta a catàr chi che te le impienìs quanto hai le tasche vuote fai fatica a trovare chi te le riempie
  • A sepoltura den ricón i va tuti, a sepoltura den strazón no va nisùn al funerale di un ricco partecipano tutti, al funerale di un poveraccio non va nessuno
  • No l ha nianca la žénder sul larìn È talmente povero che non ha neanche la cenere sul focolare;
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