Un giorno a Sagron Mis

Molti spendono parole, con fin troppa superficialità, sostenendo che in questo paese “non c’è niente”, che è una noia mortale e bla bla bla. A volte però, nonostante sia evidente l’assurdità delle argomentazioni in merito, non è facile replicare in maniera spiazzante.

Quello che andiamo a proporvi di seguito non è altro che un semplice viaggio, immaginato dal nostro Sindaco ma anche e soprattutto nostro socio Luca, in un giorno ideale a Sagron Mis, spaziando tra diverse altitudini e diverse stagioni, e nel quale incontriamo appena alcune delle mille diverse realtà che abitano in paese. Noi l’abbiamo letto, e non potevamo non farlo diventare l’articolo di copertina della settimana.

Il nostro breve viaggio a Sagron Mis comincia da una piccola vecchia caneva (cantina) del centro storico del paese, un tempo luogo di residenza della famiglia, ed ora adibita ad affumicatoio collettivo per i salami prodotti dalle varie famiglie di Sagron Mis. I Daldon, i Broch, i Marcon, i Salvadori ecc., ciascuna famiglia con la propria ricetta e tecniche di insaccagione. Un gusto uno diverso dall’altro, un aspetto uno diverso dall’altro, ma tutto come testimonianza di un vecchio stile di vita. Si potrebbe persino pensare ad un concorso di gusto e di tecnica. Ciascuna famiglia offre al Sindaco una volta all’anno almeno un pezzo di bontà, ed io le differenze le sento! Non è raro che il numero dei salami appesi ed affumicati superi il numero degli abitanti.

Usciti dal piccolo centro del paese ci alziamo un po’ di quota, entrando nei prati soprastanti. E’ tempo di fienagione, quell’elemento fondamentale ed irrinunciabile per la conservazione del territorio, per il ripristino della biodiversità delle essenze erbose e per prendersi cura della bellezza del nostro paesaggio. Una antica tradizione adeguatamente conservata dagli abitanti del paese, che ha trovato uno stimolo in più nella specifica campagna di sensibilizzazione promossa dal Comune, già ben impostata e produttiva dei primi effetti positivi. I due piccoli allevamenti di asini, anche hanno il loro ruolo nella pulizia delle aree prative. Il bosco che invade e che soffoca i nuclei urbani non è una realtà tipica di Sagron Mis.

Ma saliamo ancora di quota, ed addentriamoci nei boschi. Le faggete monumentali di Sagron Mis ci parlano, ci ospitano, ci rilassano tantissimo, con il colore rosso brunito delle loro foglie in autunno, ci offrono scenari spettacolari del sottobosco, filtrato dalla luce del sole. Relax cromatico allo stato puro. Un patrimonio che noi conserviamo con cura maniacale. Il potere calorico del legno di faggio è questione di sopravvivenza per la popolazione, alla quale viene garantita la consegna pro capite di una determinata quantità l’anno per il fuoco, senza con ciò ridurre la ripresa annua del bosco. Luogo di passeggiate, di silenzio, di meditazione e di ossigenazione, oltre che di apprendimento culturale della nostra realtà, così ben rappresentata e figurata dai numerosi totem.

Proseguiamo e saliamo ancora. Andiamo ora nei pascoli, nell’alpe, ove si trovano le vecchie casère, in parte sistemate in parte no. E’ questo il luogo del vecchio alpeggio, presente ora in minima parte, ma che abbiamo modo di sperare ritornerà presto a splendere. Due giovani di Padova, travolti dalla crisi, hanno deciso di cambiare vita e di trasferirsi a Sagron, allevando le capre. Luogo dell’erba buona, per produrre il buon latte, poco, la buona carne, poca. Luogo arioso e superbo da cui si gode fieramente un panorama irripetibile, davvero, sui principali gruppi dolomitici. Pale di San Martino, Agnèr-Croda Granda, Civetta, Moiazza, Tamer San Sebastiano, Monti del Sole, Vette Feltrine, e soprattutto il Cimonega, che ci sovrasta. Qui la pace e la serenità d’animo dei più raggiunge il suo massimo grado. Il rischio è di entrare in una dimensione tale da dimenticare, almeno per un momento, ogni difficoltà della vita.

Ora ci infiliamo le scarpe più pesanti e saliamo i gradoni ghiaiosi delle pendici della montagna, quella vera, la roccia nuda, quella dove crescono le stelle alpine e il raponzolo di roccia, difficili da trovare, soprattutto il secondo, ed infatti oggi non ne troviamo. La fatica si fa sentire e la mia guida alpina mi indica la strada per giungere all’attacco della via alpinistica, sì, proprio quella via già percorsa dalla celebre cordata formata dagli alpinisti Ettore Castiglioni e Bruno de Tassis negli anni 30. La salita è lunga, faticosa, difficile, molto esposta, ma la mia guida mi offre sicurezza e so che mi porterà in vetta. Cenge, camini, diedri, tetti, fessure, placche, questa è l’arrampicata in Dolomiti, affascinante ed avvincente, alla portata di tutti, in base al grado di difficoltà che si sceglie. Ci si lega in due alla stessa corda. Si compone così un insieme inscindibile di fiducia e amicizia, quella vera, destinata a durare nel tempo. Si fanno le soste, si contano le filate di corda, molte o poche a seconda del caso. Le mani salde sugli appigli, i piedi al loro posto sugli appoggi, tecnica di arrampicata che le guide ci insegnano per non faticare troppo e per progredire in sicurezza. Si raggiunge la vetta, una grande soddisfazione, una stretta di mano, berg-hile, un abbraccio, si beve qualcosa al volo, si ricompone lo zaino con tutte le attrezzature (non sempre leggere) e poi via, per evitare i temporali, si scende rapidamente al rifugio, talvolta per creste e torrioni ancor più difficili e pericolosi della salita, ma si deve andare, sempre in sicurezza.

Arriviamo al Rifugio, dal nostro amico Daniele, e qui come sempre in Dolomiti l’accoglienza del gestore è entusiastica ed amichevole. Il rituale è sempre lo stesso. “Che via avete fatto?” “Bravi!” Scambio di opinioni sulle varie fasi della salita, commenti, critiche o elogi alla chiodatura e poi si mangia e si beve a volontà. Cibi sani e semplici. Non ci si aspetta, e non si vuole, di trovare gli stessi servizi di un albergo di pianura. Che danno sarebbe. E’ un vero rituale magnifico che rappresenta il culmine della felicità per il risultato raggiunto, l’esplosione della gratitudine per chi ti ha accompagnato

Via di corsa un’altra volta, altrimenti fa notte e la strada è ancora lunga. Per sentieri impervi e poi per boschi, girandosi continuamente ad ammirare la parete scalata appena prima, cantando, e talvolta con un po’ di grappa in corpo, si arriva finalmente in paese. Sentiamo giù, vicino al nuovo albergo, una deliziosa musica di archi. E’ un concerto inaugurale che si svolge nel nuovo anfiteatro naturale, bello e semplice.

Giunti in paese, non si può certo mancare di fare una scappata al Circolo, piccolo locale ricreativo autogestito ove veniamo accolti con tutti gli onori dai presenti, anziani, ma anche tanti giovani, che peraltro ci lasciano ben sperare per il futuro del nostro paese. Ci fanno domande, ammirano la nostra giornata, noi la raccontiamo loro. Usciamo dal retro del Circolo e vedendo molto bene la nostra montagna simbolo, il Piz de Sagron, che sovrasta il paese con tutta la sua imponenza e verticalità, indichiamo la via di salita, raccontiamo la scalata. Beviamo ancora qualcosa e poi davvero la nostra bella e piena giornata dolomitica si può dire conclusa.

Anzi no.

Nell’uscire dal circolo vedo una locandina, tra le tante iniziative formative proposte in paese, curate dal Laboratorio Sagron Mis e dalla Pro Loco. Corso di innesto, finalizzato a riportare in loco la coltivazione del pero di antica qualità. I corsi per i caregheta, per i scarpet, per la cucina sono già ben avviati e ben partecipati.

Ora vado veramente a casa, anzi no.

Dietro l’angolo del centro del paese, in luogo appartato, sento battere del legno, sono curioso e vado a vedere. Qui trovo un giovane artigiano che ha ereditato la passione dal padre e dal nonno nella costruzione delle sedie impagliate. Tradizione antichissima partita da questi luoghi e che ha girato tutta l’Europa. Per fortuna c’è chi la sta rivalorizzando, altrimenti un patrimonio dal valore inestimabile verrebbe perduto.

Questo è per noi vivere con orgoglio e molta dignità l’ambiente dolomitico e questo significa per noi essere il primo portale ufficiale delle Dolomiti. La semplice, organizzata e completa vita di questa affascinante località, che ora su tali basi si propone di fare un turismo originale e sostenibile, tanto più originale quanto più si guarda nel passato, valorizzando la storia, ma guardando al futuro.

Al turista che ci visiterà, la cosa che andremo a offrire è semplicemente questa: le innumerevoli meravigliose emozioni che vi ho appena raccontato.

Luca

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