Seguendo le indicazioni del sentiero minerario, e scegliendo al bivio del Moro la via verso la miniera di mercurio, arriviamo a scoprire uno dei punti più affascinanti dell’intero comune: quella che erroneamente viene chiamata Scudelina (in realtà la Casina), dove un tempo sorgeva l’imponente edificio con gli uffici amministrativi della società mineraria, trasformato successivamente in abitazione. Abitazione che resiste ancora oggi, seppur disabitata per gran parte dell’anno, col suo caratteristico passaggio che la taglia per metà, consentendo ai viandanti di scendere verso il Macatòch, per quella che è considerata la prima strada che da Sagron portava a California.
Un capitello dedicato a S.Antonio, datato 1856, a cui è stata successivamente affiancata la raffigurazione di S.Barbara, patrona dei minatori. Un grande silenzio, e attorno bosco, bosco e ancora bosco. In alto le Dolomiti, che viste da qui fanno mettono ancora più in soggezione. E’ difficile immaginare che per questo piccolo angolo solitario di mondo, un tempo si fossero scannate intere province, intere nazioni, per mettere le mani sul prezioso minerale, il cinabro, in quel giacimento che era tra i più importanti d’Europa, quando ancora aveva senso cercarlo.
La Scudelina, quella vera, è posta un po’ più a valle, verso le miniere di mercurio, e ad oggi è ridotta a rudere, lungo quel sentiero che ci mostra le rovine di un ponte, le mole di un mulino, quel che resta dei forni di distillazione a ridosso dell’imbocco della galleria Terrabugio. Innumerevoli tracce di un passato importante, quello che per primo o quasi ha dato un senso al popolamento di questi luoghi; un passato che ci racconta di storie di confine, di beghe tra stati, come quasi tutte le storie di Sagron Mis; un passato vicino ma che appare già lontanissimo, quasi dimenticato.
PER APPROFONDIMENTI: Laboratorio Sagron Mis